Dopo oltre 2000 anni la città di Pompei continua a sorprenderci. Nella regio V, sezione della città ancora parzialmente coperta dalla cenere, ritorna alla luce un antico thermopolium. Il complesso è stato ritrovato all’angolo fra il vicolo dei Balconi e la casa delle Nozze d’Argento, aree già interessate da precendeti scavi archeologici. Si tratta di una scoperta sensazionale, che può fornirci ulteriori indicazioni sullo stile di vita e sui costumi del mondo romano. Ma che cos’era un thermopolium ? Cerchiamo di capirlo insieme.
Il thermopolium era un locale adibito alla vendita del cibo da asporto, che poteva eventualmente essere consumato anche all’interno della bottega. Una sorta di “fast food” dell’epoca, che permetteva anche di acquistare cibi caldi riscaldati al momento, grazie alla presenza di una brace o un piano cottura presente sul bancone. In tutte le città dell’antica Roma i thermopolia erano molto diffusi, vista la consuetudine di consumare il prandium (pranzo) fuori casa. Solo a Pompei ne sono stati rinvenuti più di trecento.
L’ultimo riportato alla luce ci lascia davvero a bocca aperta, per la ricchezza delle immagini, tanto vivide e ricche di dettagli al punto tale da apparire tridimensionali. I colori, le forme e la struttura del banco in marmo sono rimasti intatti, come se il tempo si fosse effettivamente fermato ad oltre duemila anni fa. A pochi istanti prima che l’ eruzione del Vesuvio ricoprì la città da oltre sei metri di cenere e materiale vulcanico.
Le immagini dipinte sulle pareti del bancone di questo locale ci lasciano davvero senza parole. Gli affreschi ritraggono vari animali quali galli, un cane al guinzaglio e due oche germaniche appese per le zampe. Queste ultime rappresentavano una probabile allusione alla tipologia di carni che si potevano consumare all’interno della taverna. Grazie ai ritrovamenti di cibo all’interno di alcune olle e pentole in coccio possiamo addirittura schematizzare le tipologie di pietanze che potevano essere degustate: tracce di lumache, carne di capretto ed alcune lische di pesce.
Degna di nota è anche una particolarissima e grottesca iscrizione rinvenuta al di sopra dell’immagine del cane, che si potrebbe definire “omofoba”, lasciata forse per prendere in giro il proprietario o un lavorante della locanda. Il graffito riporta il nome di un certo “Nicia” che viene etichettato come “cacatore, invertito” (Nicia cinede cacato).
Al momento dell’eruzione nel thermopolium erano presenti alcune persone; lo confermano i resti di ossa umane che attestano almeno la presenza di due uomini , un individuo di circa 50 anni che giaceva su un letto nel retrobottega ed un altro uomo i cui resti sono stati misteriosamente occultati all’interno di un dolia, un grande contenitore di terracotta. Si è pensato che le ossa siano state riposte lì da alcuni scavatori del’700 che perlustrarono già l’ambiente a quell’epoca.
Per ammirare di persona queste strabilianti scoperte bisognerà probabilmente aspettare la prossima primavera, forse Pasqua, quando verrà aperto al pubblico un nuovo percorso che mostrerà i nuovi ritrovamenti e un’ampia sezione della regio V. Al momento le indagini e gli scavi sono ancora in corso d’opera. Anche in questo momento di stallo, in cui il turismo si è momentaneamente fermato, a Pompei si lavora incessantemente, per offrire all’umanità la meraviglia di una città che continua ad essere viva ed immutabile nel tempo.