La Certosa di San Lorenzo, conosciuta anche come Certosa di Padula, è la più grande certosa in Italia, con una superficie di oltre 51.500 m. Vanta, inoltre, il chiostro più grande del mondo. Fu fondata dal conte Tommaso Sanseverino nel 1306 in un’area che oggi è parte del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. L’antica e illustrissima famiglia Sanseverino riuscì, attraverso tale fondazione, ad ottenere il benestare del re di Napoli, Carlo II d’Angiò, che nominò Tommaso Connestabile del Regno. Di sicuro, quindi, accanto alle motivazioni di stampo devozionale, ve ne furono altre legate alla sfera politica. Determinante, senz’altro, fu la comune origine francese dell’ordine monacale con la dinastia Angioina, che gradì ampiamente l’appoggio dato a quell’ordine.
La storia della Certosa copre un periodo storico molto vasto, di circa 450 anni. I padri certosini riuscirono ad accumulare una serie di beni e proprietà al punto tale da riuscire ad amministrare gran parte dei territori del Mezzogiorno. Numerose furono le opere d’arte e i capolavori che furono realizzati per decorare l’interno del complesso. Alcuni di essi, purtroppo, furono trafugati a seguito dell’invasione napoleonica (1806), che provocò un’ingente dispersione del patrimonio artistico e librario presente all’interno della Certosa. Dopo la restaurazione i Padri riuscirono ad riprendere nuovamente possesso del monastero, ma solo per pochi anni, poichè con l’Unità d’Italia, l’ordine venne definitivamente soppresso. L’edificio venne, così, adibito prima come campo di prigionia e poi come orfanotrofio, per poi essere dichiarato finalmente monumento nazionale e sito UNESCO nel 1998.
L’impianto costruttivo della Certosa rispecchia perfettamente il canone imposto dalla regola : la suddivisione in “casa bassa” e “casa alta“. La prima era il luogo riservato ai Conversi, monaci che avevano la possibilità di interagire con il mondo esterno. Essi si occupavano di tutte le mansioni di stampo pratico / funzionale; necessarie per il sostentamento dei membri della comunità : granai, stalle, lavanderia, spezieria, forno ecc.. La casa alta, invece, era il luogo dove si rispettava la più rigida clausura; era presente la Chiesa (uno dei pochi luoghi di ritrovo dei Padri), il refettorio e le varie celle.
I monaci certosini vivevano la gran parte della propria giornata all’interno della propria cella dedicandosi allo studio e alla meditazione nella continua ricerca di Dio. Erano composte da due ambienti e da una piccola loggia coperta che dava accesso all’orto, dove i certosini coltivavano piante officinali, fiori e verdure. L’accesso delle celle si affacciava sul famoso Chiostro grande, elemento di maggiore spicco del complesso. Il Chiostro si sviluppa su due livelli; in basso il portico con le celle dei padri, in alto la galleria finestrata utilizzata per la passeggiata settimanale.
Tale galleria era collegata attraverso uno Scalone Ellittico. Firmato da Gaetano Barba, allievo del Vanvitelli, fu l’ ultima opera che i padri riuscirono ad ordinare e a vedere realizzata prima dell’arrivo dei francesi. Si tratta di uno scalone a doppia rampa, maestoso elemento scenografico illuminato da sette grandi aperture che spaziavano sul paesaggio circostante. Lo scalone rispecchia perfettamente i canoni dello stile Vanvitelliano e del gusto tardo barocco; che riuscì, grazie ai Certosini, a penetrare anche negli angoli più lontani del Regno di Napoli.