Nata come residenza di caccia per volere di Carlo di Borbone, il “Capo di Monte” costituiva un’ampia zona boscosa situata in una delle zone più alte della città di Napoli.
Pochi anni dopo il suo arrivo a Napoli, re Carlo III decise di affidare la costruzione dell’edificio ad uno degli architetti più importanti e famosi del regno, Antonio Medrano, che collaborerà negli stessi anni anche al progetto del Teatro San Carlo. Qualche anno dopo il sovrano impiegò parte della reggia per trasferirvi la preziosa collezione Farnese, ereditata dalla madre Elisabetta. I lavori, in seguito, continuarono anche dopo che il re si trasferì in Spagna e proseguirono lentamente, al punto da completare tutte le sale quasi un secolo dopo la posa della prima pietra. Ben presto la reggia di Capodimonte divenne la meta preferita dei Borbone e di Gioacchino Murat, che decise di abitarvi in pianta stabile durante l’occupazione francese (1806-1816).
La collezione
La collezione Farnese rappresenta il nucleo principale del Museo di Capodimonte. Essa si forma grazie all’iniziativa e al contributo di Papa Paolo III, estimatore e studioso di antichità e di arte, al punto di entrare in contatto con le grandi personalità artistiche del periodo per commissionare alcune opere presso le sedi pontificie e nella fabbrica di Palazzo Farnese. Le opere dei grandi come Tiziano, Raffaello, Sebastiano del Piombo, Gugliemo della Porta, sono solo alcune che possono essere ammirate all’interno del museo. Difatti, nelle epoche successive, la collezione Farnese si ampliò di tantissimi altri capolavori, di scuola emiliana, lombarda e fiamminga, che i nipoti del Papa ( i Cardinali Ottavio ed Alessandro) accumularono nel corso degli anni. Gli eredi arricchirono sempre più qiesta collezione, che il re Carlo si ritrovò tra le mani alla morte della madre Elisabetta, ultima erede della grande dinastia Farnese.
Il bosco
Il Bosco, a differenza degli altri parchi reali, venne strutturato in maniera del tutto differente rispetto alla dislocazione della Reggia, poiché fu concepito in stretto rapporto all’attività venatoria. Presenta, infatti, circa 4000 varietà di alberi secolari, come pini, felci, querce e tigli, secondo uno stile che, già d’inclinazione romantica, ricalca l’aspetto apparentemente spontaneo e selvaggio del giardino all’inglese. All’interno del bosco si decise anche di realizzare la fabbrica delle Porcellane, denominata “Real Fabbrica di Capodimonte” e voluta da Carlo di Borbone e sua moglie Maria Amalia.
Le porcellane
I due sovrani decisero di fondare la manifattura di Capodimonte per una mera scelta di gusto e non di opportunità, dopo che il sovrano era rimasto piacevolmente sorpreso dalla bellezza e dalla delicatezza delle porcellane di Meissen, ricevute come dono di nozze dopo aver sposato la consorte, originaria della Sassonia. La raffinatezza delle porcellane di Capodimonte consiste nel possedere delle caratteristiche peculiari che la distinguono dalle altre porcellane. Le porcellane che si iniziarono a produrre erano in ‘pasta tenera’, con un tipo di argilla chiamato caolino di Fuscaldo (originario di Cosenza). Ne derivava un impasto molto tenero , color latte, che renderà questa manifattura, unica nel suo genere. Gli artisti che vi lavorarono e che contribuirono al successo di quest’arte furono gli scultori Giuseppe Gricci , Giovanni Caselli ed il chimico Livio Vittorio Schepers che perfezionò la composizione dell’impasto.