La villa cosiddetta di “Poppea” fu rinvenuta alla metà del Settecento in quella che, anticamente, costituiva la zona suburbana di Pompei. Secondo quanto riportato dalla tavola Peutingeriana, una copia medioevale di una mappa romana antica, la villa era inserita nell’antico insediamento urbano di Oplontis, oggi corrispondente alla città di Torre Annunziata. Un graffito parietale rinvenuto all’interno della dimora, recante il nome di Secundus , un servo di Poppea, ha permesso di ipotizzare l’appartenenza della villa alla seconda moglie dell’imperatore Nerone, alla cui morte nel 68 d.C., sarebbe passata nelle mani di un nuovo acquirente a causa della damnatio memoriae. Al tempo dell’eruzione, probabilmente, l’abitazione era ancora in fase di risistemazione. Ciò giustifica anche il motivo per cui all’interno della villa non furono ritrovati scheletri.
Gli scavi archeologici più recenti hanno permesso di riportare alla luce gran parte dell’edificio, sebbene esso sia ancora in parte sepolto e, oggi, coperto dallo sviluppo edilizio sovrastante della moderna città. Inserita all’interno del patrimonio UNESCO nel 1997 , la villa di Poppea oggi è considerata una delle più vaste residenze suburbane d’età romana finora conosciute. E’ decorata da splendide pitture e mosaici, di terzo e quarto stile e suddivisa in grandi ambienti e giardini. Comprende un vasto settore termale privato e numerose sale (originariamente dovevano essercene circa un centinaio), tra saloni, corridoi, cubicula , sale da pranzo, cucine e stanze per gli ospiti, tipico di una vera e propria dimora di otium.
Non lontano dalla villa di Poppea, fu rinvenuta una seconda villa, non ancora visitabile, detta “villa B”, attribuita ad un certo Lucius Crassius Tertius. In questa struttura fu rinvenuta una ricca quantità di gioielli e monete d’oro e d’argento. Testimonianza che in tutto il territorio vi erano una serie di dimore lussuose che facevano di Oplontis una delle città abitate dalle famiglie più in vista dell’antica Roma.